L’ICONA DELLA VISITAZIONE
La festa della Visitazione si celebra nel calendario romano il 31 maggio, mentre l’episodio evangelico di Luca (1, 39-45) è meditato nella IV domenica di Avvento. È una festa celebrata discretamente, senza solennità e nella Chiesa Orientale non è inclusa nel calendario. Eppure è proprio in questo episodio, dall’apparenza di normale vita domestica come una visita fra cugine, che si colgono dei tesori di una grandiosità che ci confonde e ci fa percepire l’inadeguatezza delle parole per esprimerne la portata cosmica. L’immagine iconica dovrebbe venire in aiuto alla parola per evidenziare il mistero racchiuso nelle laconiche parole di san Luca che unico, ne riporta l’avvenimento, ma la Tradizione non ci ha consegnato se non una scarna raffigurazione.
L’iconografia orientale non è molto ricca di esempi, essendo il tema oggetto prevalente dei cicli pittorici illustranti l’inno Acatisto, che nella quinta strofa canta proprio la Visitazione. Molto ricco invece è il patrimonio di immagini sorto nei secoli nell’ambito della Chiesa Occidentale. Il titolo Visitazione in greco è reso con il termine Aspasmos, cioè “saluto”, “accoglienza espansiva”, “abbraccio”.
L’icona vuol rendere quest’espansività con lo slancio nell’incontro tra le due cugine, che si gettano l’una nelle braccia dell’altra. Questa espansività, o forza dinamica, è rivelatrice della forza dello Spirito che qui è in azione, Potenza divina che opera irrompendo nella vita di questi santi personaggi. Se ciò era già avvenuto per Maria nell’Annunciazione, ora è come un’Annunciazione che si propaga. La buona novella dell’Annunciazione viene recata a Elisabetta e al Battista che ella porta in seno, poi a Zaccaria e poi a Giuseppe. Ecco i primi santi, frutto dell’azione salvifica, santificatrice del Verbo Incarnato quando ancora è nel grembo di Maria.
Questa irruzione dello Spirito Santo, della Grazia divina, provoca un’esplosione vitale in Elisabetta che, ispirata, benedice la Madonna con le parole che ripetiamo infinite volte nell’Ave Maria. Maria stessa canta, in risposta, il suo Magnificat che accompagnerà sempre la preghiera della Chiesa nel vespro. Questa forza dello Spirito farà poi sobbalzare in seno a Elisabetta il Precursore, santificandolo ancor prima di nascere: il Precursore è preceduto dalla Precorritrice, se così possiamo dire di Maria che veramente si “affretta” come dice l’Evangelista a portare e donare la nostra causa di salvezza.
L’icona è semplice nei suoi elementi: una casa, una montagna, un muretto di recinto che suggerisce una cornice spaziale all’evento sacro. Discreta, dietro una tenda, è raffigurata a volte una fanciulla che assiste alla scena, un personaggio non identificato; spesso, infatti, nell’iconografia si rappresenta quello che viene chiamato “il testimone dell’epifania” e raffigura noi tutti beneficiari di questo episodio che, avvenuto nel tempo, la Sacra Scrittura, la Liturgia e l’Iconografia cristallizzano per consegnarlo alla Chiesa come episodio di perenne forza sacramentale.
Ma il cuore grandioso del tema sacro è quel Grembo che ha «tessuto un corpo», che ha «accolto l’incontenibile», che è «più ampio dei cieli», come si esprimono le metafore patristiche per evocare l’arcano disegno di Dio di attuare l’Incarnazione della Parola divina. Il mistero qui è così grande da rendere questo soggetto iconografico ai vertici della contemplazione mistica. I teologi ne esplorano solo progressivamente la portata tanto è umanamente ineffabile il mistero di questo grembo purissimo di “accoglienza materna” di un Dio.
L’Antico Testamento è incentrato sulla Presenza nell’Arca Santa: ora si realizza nella pienezza del tempo questo mistero e getta una luce sulla figura di Maria vera Arca di Dio, Trono della Sapienza, Vaso di Elezione…
In quasi tutte le rappresentazioni della Visitazione le due donne mostrano il loro grembo gravido e spesso Elisabetta tocca quello di Maria come per attingere al suo prezioso tesoro nascosto. Maria è infatti la “Portatrice” del Tesoro a tutti.
In alcuni esempi iconografici, si raffigurano visibilmente delineate le figure dei due bambini: uno come seduto in trono, l’altro sobbalzante e profondamente chino di fronte all’Agnello di Dio.
La preghiera dell’Ave Maria riporta, come abbiamo detto, le parole di Elisabetta ispirata: «Benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Ecco, questa è l’icona dell’Ave Maria, è l’icona del Grembo Purissimo.
Meditando su questo arcano possiamo percepire una luce che si diffonde su innumerevoli passi misteriosi della Sacra Scrittura, dalla Genesi all’Apocalisse, e dare un nome preciso a realtà ineffabili e solo simbolicamente adombrate.
Giovanni Mezzalira