Paolo II (4 dicembre 1987), § 11.
“Da alcuni decenni, si nota un ricupero di interesse per la teologia
e la spiritualità delle icone orientali; è un segno di un crescente
bisogno del linguaggio spirituale dell’arte autenticamente
cristiana. A questo proposito, non posso non invitare i miei fratelli
nell’episcopato a “mantenere fermamente l’uso di proporre nelle
Chiese alla venerazione dei fedeli le immagini sacre”
( Sacrosanctum Concilium , 125), e ad impegnarsi perché sorgano
più opere di qualità veramente ecclesiale. Il credente di oggi,
come quello di ieri, deve essere aiutato nella preghiera e nella
vita spirituale con la visione di opere che cercano di esprimere il
mistero senza per nulla occultarlo. È questa la ragione per la
quale oggi come per il passato, la fede è l’ispiratrice necessaria
dell’arte della Chiesa.
…
La riscoperta dell’icona cristiana aiuterà anche a far prendere
coscienza dell’urgenza di reagire contro gli effetti
spersonalizzanti, e talvolta degradanti, delle molteplici immagini
che condizionano la nostra vita nella pubblicità e
nei mass–media; essa infatti è una immagine che porta su di noi
lo sguardo di un Altro invisibile, e ci dà accesso alla realtà del
mondo spirituale ed escatologico.
…
La nostra tradizione più autentica, che condividiamo pienamente
con i fratelli ortodossi, ci insegna che il linguaggio della bellezza,
messo a servizio della fede, è capace di raggiungere il cuore degli
uomini e di far loro conoscere dal di dentro colui che osiamo
rappresentare nelle immagini, Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto
uomo “lo stesso ieri e oggi e per tutti i secoli” (Eb 13, 8)”.