La Vergine tesse un corpo a Dio

di Giovanni Mezzalira
L’icona dell’Annunciazione – 25 marzo
Icona russa del XVI secolo - scena dell’inno Acatisto

Icona russa del XVI secolo – scena dell’inno Acatisto

Nella pienezza dei tempi, amorevolmente preparati dalla Divina Sapienza, finalmente si inaugura una ricreazione del mondo. L’evento inizia in un piccolissimo spazio che diventa il portale dell’ingresso di Dio nella storia.

Palermo – Chiesa di S.Maria dell’Ammiraglio – Mosaico arco trionfale

La rappresentazione dell’Annunciazione si colloca infatti sulle Porte Regali oppure sull’arco trionfale, spazi liturgici che introducono nel presbiterio, immagine del Cielo in terra. A portare il Cielo in terra è lei, la Vergine predetta da Isaia, la Vergine del Segno o Platitera, il cui grembo è più ampio dei cieli.

Annunciazione

I Padri della Chiesa, veri poeti teologi, così si esprimono: «Il grembo della Vergine ha tessuto il corpo di Cristo con tinta di porpora» (grande canone di sant’Andrea di Creta).
San Proclo canta il grembo di Maria «come se fosse una filanda che ha tessuto con una spola divina un chitone non cucito, il corpo indossato da Dio».
L’iconografia, ispirata al linguaggio dei Padri, dà visibilità alla dinamica di questo mistero raffigurando la Vergine che acconsente al progetto salvifico con una manina protesa che appena fuoriesce dal maphorion in umilissima postura e quindi inizia la tessitura con una matassa di lana rossa che, trasformata in filo, è avvolto sulla rocca.

Icona dell’Annunciazione di Ustiju

La trasposizione visiva del concepimento può essere più esplicita, come in questa icona dell’Annunciazione di Ustijug dove è già raffigurato in un ovale rosso il Bambino Gesù.
Il 25 marzo, nove mesi prima del 25 dicembre, c’è già tutto Gesù.
Il filo rosso ci rivela una dimensione di regalità ma anche di martirio.
Questo corpo e sangue di un Dio incarnato, costruito come un tempio corporale dal corpo e dal sangue (e si può aggiungere dal latte) di questa fanciulla di Israele della stirpe di Davide, sarà l’Agnello sacrificato, immolato dall’inizio dei tempi, per l’incessante peccato dell’uomo.
Nel sangue di Cristo è presente una misteriosa corredentrice di cui ci è ignota la vera grandezza di martirio.
Nell’iconografia dell’Annunciazione diffusa in occidente notiamo l’assenza di questo simbolo, al quale è preferito il Sacro Libro, come in questo mosaico di Cavallini nella chiesa di S. Maria in Trastevere a Roma. Sicuramente questa formula rispecchia maggiormente la realtà storica del momento della visita dell’arcangelo che coglie la Vergine in preghiera o nella lettura della Sacra Scrittura; il Vangelo di Giovanni poi esplicita il mistero del Verbo che si fa carne.
Quale simbolo preferire? L’iconografia sacra ha la necessità di esprimere precise realtà teologiche il più concretamente possibile inserite nei fatti storici, ma le formule non sempre sono uniche.
La tradizione iconografica ci mostra anche un altro personaggio con in mano un fuso e una conocchia: si tratta della nostra progenitrice Eva, vestita dal Signore dopo il peccato con una tunica di pelle, come in questo mosaico di Monreale.
Possiamo riflettere su alcune corrispondenze che collegano l’inizio dei tempi dei nostri progenitori, con la pienezza dei tempi di Maria. I simboli sono simili: porte che si chiudono e che si riaprono, il lavoro come fatica e come redenzione, il vestito di pelle animale e il vestito regale della bellezza divina unita a quella umana…
Ma ognuno può qui, con l’aiuto dello Spirito Santo, aggiungere le proprie evocazioni.

Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede

Santi Cirillo e Metodio

Santi Cirillo e Metodio

Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869. Giovanni Paolo II con la lettera apostolica “Egregiae virtutis” del 31 dicembre 1980 li ha proclamati, insieme a San Benedetto abate, patroni d’Europa (Messale Romano).

14 febbraio. Memoria dei santi Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo. Questi due fratelli di Salonicco, mandati in Moravia dal vescovo di Costantinopoli Fozio, vi predicarono la fede cristiana e crearono un alfabeto per tradurre i libri sacri dal greco in lingua slava. Venuti a Roma, Cirillo, il cui nome prima era Costantino, colpito da malattia, si fece monaco e in questo giorno si addormentò nel Signore. Metodio, invece, ordinato da papa Adriano II vescovo di Srijem, nell’odierna Croazia, evangelizzò la Pannonia senza lesinare fatiche, dovendo sopportare molti dissidi rivolti contro di lui, ma venendo sempre sostenuto dai Romani Pontefici; a Staré Mešto in Moravia, il 6 aprile, ricevette il compenso delle sue fatiche (Martirologio Romano).

 

L’incontro

l’icona della Presentazione al Tempio – 2 febbraio

Il significato etimologico della parola liturgia è “azione a favore del popolo” e, analogamente, l’icona è dipinta per produrre e stimolare un effetto benefico nel fedele e non per dare solennità ai suoi contenuti sacri.

In sostanza, le icone sono pensate per il nostro bene e non fine a se stesse. L’immagine iconografica ha una specifica finalità: fissare una pienezza, una definitività, un culmine sottolineandola anche in singoli episodi.

Presentazione al Tempio – Affresco della Macedonia

 

È così che in un particolare avvenimento della vita di Cristo, la sua Presentazione al Tempio, fra i personaggi che compongono questa scena, c’è anche il vecchio Simeone che accoglie il Bambino. Questo dettaglio è diventato un soggetto sacro degno di essere collocato, nella teologia dello spazio sacro, al centro dell’abside, proprio nel cuore dello spazio presbiteriale. Del resto, basta riflettere un attimo e si capisce che Simeone ebbe premiata la sua fiduciosa attesa del Messia e nel momento in cui stringe il Bimbo fra le braccia non può che esprimere la pienezza della sua gioia giunta al culmine e non desiderare nulla di più. Dal suo cuore scaturisce allora quell’inno (Nunc dimittis) cantato tutte le sere a compieta dalla Chiesa orante. Continua a leggere

Corso estivo d’iconografia 2020 a Villa Immacolata Torreglia (PD)

I CORSI PROPOSTI

 

a Villa Immacolata Torreglia (PD)

circondata da ampio parco

nello splendido scenario dei Colli Euganei

da domenica 14  a domenica 21 giugno 2020

 

Principianti

Il corso propone l’esperienza della pittura completa di un’icona, attraverso tutte le sue tappe, evidenziando la tecnica, l’estetica e la teologia in essa racchiuse. Il corso è una piccola esperienza che può avere risonanza e illuminare ambiti più vasti dell’intera nostra vita, dalla preghiera, dalla liturgia, dai rapporti interpersonali…

 

 

Allievi che abbiano già avuto esperienza nella pittura delle icone

Da due anni i maestri propongono, a chi lo desidera, di entrare nell’esperienza della scrittura dell’icona per il servizio della preghiera comunitaria. Ogni icona, oltre ad essere fatta per la propria casa, deve avere anche il ministero di far pregare. È stato iniziato un lavoro di gruppo per decorare l’abside della chiesa di Villa Immacolata che raffigura la Madonna in trono con il Bimbo sulle ginocchia, circondata da Angeli e dai Santi padovani. Se non si si dovesse riuscire a formare il gruppo di lavoro, agli allievi verrà proposto un corso classico, con soggetto da definire.

 

Le tappe di esecuzione dell’icona riguardano:

✦ la tavola di legno e la sua preparazione con gesso

✦ la stilizzazione del disegno, “alfabeto” della scrittura iconografica

✦ la doratura

✦ la tempera all’uovo

✦ i colori e i pigmenti naturali

✦ la tecnica delle lumeggiature

✦ le iscrizioni

✦ la verniciatura finale.

 

Trovi qui il dépliant con tutte le indicazioni, e i numeri di telefono per ulteriori informazioni.

oppure chiedi qui informazioni ulteriori


 

Meditazioni sulla crisi che ci coinvolge

ospitiamo molto volentieri queste meditazioni attuali:

Il vescovo emerito Antonio Mattiazzo sul Coronavirus:
La pandemia sta mettendo in ginocchio il mondo, ma potrà anche lasciare un segno positivo …

nelle nostre vite. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato – ricorda il papa – si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Comprendiamo il “segno” del Coronavirus se cominciamo a rivedere i nostri stili di vita. …

Ecco il primo intervento, pubblicato su “La difesa del popolo”, cui rimandiamo:

Di seguito, un secondo contributo, sempre del Vescovo emerito Antonio Mattiazzo, che ci ha autorizzato a diffondere:

Ce la faremo? Il coronavirus mette a prova la nostra speranza

 

L’epidemia di coronavirus ci ha accompagnato nel tempo della Quaresima come un “segno” di conversione e di ritorno a Dio, da accogliere con fede e coraggio. Ora che siamo arrivati alla Pasqua proviamo a considerare la situazione che stiamo vivendo alla luce della Croce e Risurrezione di Gesù. Se lo facciamo, tutto cambierà di segno e acquisterà un senso nuovo, la nostra vita diventerà “pasquale”, una speranza audace subentrerà alla paura.

La Croce è la morte di Gesù. Uomo vero, nessuno più di Lui ha provato il ribrezzo della morte, perché la cosa più opposta a Dio, che è Vita e Bellezza infinita ed eterna. Ma ha voluto fare l’esperienza della morte e della morte più ignominiosa e atroce, sentendosi abbandonato. L’ha fatto perché ha scelto liberamente di essere solidale con noi, penetrando fin nell’abisso della nostra condizione umana mortale, ma per vincerla e riportare la vita. Così facendo ha cambiato il senso della morte, che non è più una condanna, ma il passaggio alla vita immortale.

Volgendo ora lo sguardo all’epidemia di coronavirus, constatiamo che la nostra congenita fragilità, di cui questo flagello ci ha fatto prendere più viva coscienza, diviene impotenza di fronte alla morte. L’infezione sta mietendo migliaia di morti, specie tra i più anziani. Ogni sera la Protezione civile ci consegna, come in un bollettino di guerra, il numero dei morti. La morte manifesta il suo aspetto più lugubre e impietoso quando vediamo le bare caricate su camion, senza un corteo funebre, diretti verso una destinazione sconosciuta. Pensiamo al dolore dei familiari, privati anche di un ultimo gesto di pietà. Di fronte a tanta sofferenza, è stato un atto molto delicato quello dei nostri Vescovi, che si sono recati in cimitero per pregare e benedire i defunti che dormono in attesa della risurrezione (questo è il senso della parola “cimitero”).

C’è un pensiero, una domanda che rimane come celata, forse rimossa nelle tante informazioni e discorsi che si fanno: che ne è dei morti stroncati dal virus? Si dice per incoraggiarci “ce la faremo! “Ma anche se ce la faremo, sarà ancora per quanto tempo? Non siamo forse tutti mortali? Siccome la scienza e la cultura secolarizzata del nostro tempo non hanno risposte a questa domanda, si preferisce tacere, oppure dare risposte evasive. Qualcuno ha detto: noi non combattiamo contro la morte – è una battaglia già perduta in partenza- ma per avere un po’ più di tempo da vivere in questo mondo. Pur apprezzando il valore della vita, in questo pensiero leggo la rassegnazione e, nel fondo dell’anima, un senso di tristezza. L’attuale sofferenza, allora, sarebbe solo una parentesi negativa, senza alcun senso? La nostra speranza allora si arresta sulla soglia della morte? Sul senso del morire e sul dopo-morte è calato il silenzio. Quel che colpisce è che anche la voce cristiana, almeno nella sfera pubblica, pare affievolita e trova difficoltà ad esprimersi e proporre un discorso sensato e fiducioso sulla vita oltre la morte agli uomini d’oggi. Forse si è ancora intimiditi da chi accusava i cristiani di sprecare, guardando al cielo, le energie destinate al progresso sulla terra. Si è da molti risposto mostrando un generoso impegno nella carità e nel sociale. Questo è certamente cristianesimo genuino. Ma non è tutto, se l’orizzonte del fine ultimo della vita si è offuscato e spenta è la speranza oltre la morte. Non è tutto, perché un progresso solo materiale rimane insoddisfacente: “chi beve di quest’acqua – dice Gesù – avrà di nuovo sete” (Gv 4, 13). Ciò che è venuto a mancare è proprio questo accordo tra cielo e terra, fra progresso umano e Regno di Dio, fra tempo ed eternità. L’averli separati è il grande errore, una grande disgrazia. Se rappresenta un’alienazione religiosa quella di sottrarre valore alla terra in nome del Cielo, ancor peggiore è l’alienazione materialista che assolutizza la vita terrena fino ad eliminare la vita eterna. Una delle conseguenze è una speranza corta e miope, insufficiente e, alla fine, sconfitta di fronte alla realtà ineluttabile e universale della morte, che conferisce alla natura un potere assoluto, capace di annientare anche tutto il bene compiuto. È triste la terra se non è illuminata dal sole di giorno, se le stelle non brillano nell’oscurità della notte. Occorre uscire dagli schemi troppo angusti e dagli scopi troppo bassi in cui abbiamo rinchiuso la nostra vita e i nostri desideri, perché si rivelano incapaci di darci un senso e di infonderci speranza quando tutto viene meno in questo mondo.

Chi ha partecipato alla straordinaria preghiera di Papa Francesco il venerdì 27 marzo scorso è rimasto colpito dallo scenario del tutto insolito che ha visto. Il momento più carico di significato è stato quando il Papa, solo nella piazza deserta e sotto un cielo plumbeo, quando già erano calate le ombre della sera, ha innalzato l’ostensorio dov’era presente il Signore Vivente per benedire tutta l’umanità di oggi, smarrita nella tempesta del coronavirus. In quel momento di luce mi risuonavano le memorabili parole di Cristo di fronte al sepolcro di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno “(Gv 11, 25-26). Parole di potenza divina che irrompono nel buio della morte e rivelano il Vincitore della morte e Donatore di una vita che va aldilà della morte terrena. È il Cristo, vincitore della morte e risorto alla vita immortale che svela e compie la nostra vocazione alla vita eterna. Perché Dio non ci ha destinati alla morte, ma alla vita e alla felicità eterna.

Fondato su questa fede, S. Paolo ci ha detto una stupenda verità che illumina i momenti bui della nostra esistenza terrena: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? “(Rm 8, 35). Non c’è tribolazione o angoscia, non c’è virus, non c’è neppure la morte che ci possa separare dall’amore di Cristo. La morte non ha potuto vincere il suo amore divino ed infinito. La Liturgia canta: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”.

Il Cristo in cui crediamo non è rinchiuso nel passato, vive nel presente e ci attira verso di Lui nella gloria. Nel Battesimo noi siamo stati uniti al Cristo morto e risorto. Cristo ha già incontrato la mia morte e mi ha fatto partecipe della sua vita nuova ed eterna. La mia vita deriva dalla Pasqua e tende verso la Pasqua eterna.

Questa prospettiva così grandiosa l’abbiamo forse sepolta nel fondo del nostro cuore. Ma non è sparita. Perché non risvegliarla e farla risalire alla luce della coscienza, farla rientrare nella nostra vita? Cerchiamo, in questo tempo di Pasqua, di rientrare in noi stessi, ascoltiamo la nostra anima, il nostro cuore, ascoltiamo soprattutto la voce di Dio. Il Signore Risorto non è lontano da noi, ci avvolge con la sua luce, apriamo a lui il nostro cuore. A questa condizione, in ogni caso “ce la faremo”e nulla andrà perduto, neppure la sofferenza, perché la fede dà un senso anche alla sofferenza. Sperimenteremo allora che la paura e l’angoscia cedono alla fiducia e alla speranza. Chi possiede questa forte speranza, non solo guarderà al domani senza timore, ma si sentirà pure animato ad impegnarsi ancor di più nel servizio del prossimo con la certezza che nessuna opera buona sarà vana e senza ricompensa eterna.

Il tempo sulla terra è il tempo che Dio ci dona per confezionare l’abito per partecipare al banchetto delle nozze eterne nel Regno di Dio. È necessario confezionarlo oggi, perché giunti là, non ci sarà più tempo. Il filo d’oro con cui intessere l’abito è l’amore, quello autentico. Perché nella vita eterna non entrerà neppure un granello di egoismo, ma solo l’amore.

5 aprile 2020                                                                  Antonio M.

Riflessioni sulla teologia, sull’estetica e sull’ermeneutica dell’Icona

Queste riflessioni nascono da un continuo confronto e passaggio dall’esecuzione dell’icona alla riflessione su di essa, e dalla riflessione sull’icona a quella sulla Sacra Scrittura, guidata, quanto al metodo, dalle indicazioni offerte dai  primi teologi e pensatori cristiani, i Padri della Chiesa,  confortata dal fatto che questo metodo è tuttora vivo nelle chiese cristiane d’Oriente.
La mia esperienza è inoltre di confronto con il modo di vivere l’icona da parte della Chiesa d’Oriente, in particolare quella ortodossa russa, che in questo momento sembra vivere un particolare momento di giovinezza spirituale.
 
 

Ritengo che la Verità contenuta nella Scrittura sia la stessa che viene “scritta” nell’icona, secondo l’espressione di Teodoro studita (VII-IX secolo), ripresa dalla Lettera dell’attuale Pontefice in occasione del XII centenario del Concilio di Nicea, che dice: “Ciò che da una parte è espresso dall’inchiostro e dalla carta, dall’altra, nell’icona, è espresso dai diversi colori e da altri materiali”(Duodecimum saeculum § 10). Penso che ciò sia valido non solo in riferimento alla forza didattica o illustrativa dell’icona, come se si trattasse di una semplificazione per gli illetterati (biblia pauperum), ma con la stessa carica semantica, con la molteplice ricchezza di significati di cui è dotata la Scrittura, con la differenza che, mentre la Parola è percepita col senso dell’udito, l’immagine è percepita dal senso della vista. Continua a leggere

Corsi di Iconografia presso il convento di Sant’Agostino a San Gimignano

Il corso propone l’esperienza del lavoro sulle icone secondo il metodo e la tradizione ad esse propri, approfondendone la teologia ed il linguaggio artistico.

Il corso, guidato dal maestro GIOVANNI MEZZALIRA,  inizierà il 4 settembre 2019 alle ore 14,30 e terminerà con il pranzo del 10 settembre.

È possibile iscriversi entro il 5 agosto 2019. Per questo contattare
Anna Martini o
sr. Roberta.

Vedi i riferimenti e tutte le altre informazioni nella locandina allegata.


Il tema del corso base è il Volto di Cristo.
Il tema del secondo corso è l’icona della Madre di Dio.
Il Tema del corso intermedio è l’icona del Cristo tra le potenze.
Il tema del corso avanzato è l’icona della Trinità.

Scarica la locandina del corso

Per coloro che lo desiderano sarà possibile partecipare a momenti di preghiera con i padri agostiniani.

CIPRO e ISTANBUL – Viaggio di studio per iconografi dal 20 al 28 MAGGIO 2019

foto di A.A.

Anche quest’anno viene proposto un viaggio di studio per gli iconografi. Le mete principali, tra Cipro e Turchia, saranno: Famagosta, Larnaca, Monti Troodos, Platres, Kykkos, Paphos e infine Istanbul.
Prendi visione del programma dettagliato contenuto nell’allegato.

VIAGGIO STUDIO CIPRO-ISTANBUL 2019

conferenza – Un gigante della teologia ortodossa: Vladimir Solov’ëv

Vladimir S. Solovëv

Vladimir S. Solovëv

Mercoledì 25 ottobre 2017 ore 18.15 – 19.30  a Padova,

presso la Sala del Redentore in Corso Vittorio Emanuele 174  (vicino al Prato della Valle – Fermata Tram “Santa Croce”,  Parrocchia Santa Croce, vicino al Santuario di Padre Leopoldo)

si terrà un incontro dal tema:

 

Un gigante della teologia ortodossa: Vladimir Solov’ëv

Relatrice: Annarosa Ambrosi, Iconografa, Padova

L’incontro è promosso dalla Diocesi di Padova, Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo nell’ambito del ciclo: LA RIFORMA  E LE RIFORME  NELLA CHIESA  – Istanze, libri, testimoni, laboratori

preleva il programma dettagliato

 

 

 

Corsi della Scuola di Iconografia per l’anno 2017-2018


SCUOLA DIOCESANA DI ICONOGRAFIA “S. LUCA”
In collaborazione con l’Ufficio per la Liturgia 
e l’Ufficio per l’Ecumenismo 
della Diocesi di Padova

 

Sono aperte le iscrizioni ai

CORSI DI ICONOGRAFIA 2017-2018

 

 

  • corso per principianti
    Docente: maestro Enrico Bertaboni
    Soggetto: il Volto di Cristo

 

  • corsi per progredienti:
    Docente: maestro Giovanni Mezzalira
    Soggetto: Madre di Dio del Segno

    Docente: maestro Enrico Bertaboni
    Soggetto: Madre di Dio Odighitria

    Docente: maestra Annarosa Ambrosi
    Soggetto: L’Annunciazione

 

  • corsi per avanzati
    Docente: maestro Giovanni Mezzalira
    Soggetti: Crocifissione, Madre di Dio della Misericordia

    Docente: maestro Enrico Bertaboni
    Soggetto: La Pietà

 

I corsi si svolgeranno con cadenza media quindicinale,
a partire dal 25 ottobre 2017
presso l’Istituto Don Bosco, via San Camillo de’ Lellis 4, Padova.

Tutti i partecipanti sono invitati all’incontro di mercoledì 18 ottobre alle ore 16,30 presso l’Aula Magna dell’Abbazia di S. Giustina (ingresso da Via Ferrari 2A) per la presentazione del programma e per un saluto da parte di un rappresentante della Diocesi. Seguirà la S. Messa solenne presso la tomba di S. Luca.

 

Per informazioni e iscrizioni contattare i corrispondenti maestri:
Giovanni Mezzalira giovanni.mezzalira @ gmail.com  0444 660982
Enrico Bertaboni enber @ libero.it   329 0215626
Annarosa Ambrosi annarosa.ambrosi @ gmail.com  334 3221072
(l’indirizzo mail è scritto in modalità antispam, eliminare gli spazi per l’utilizzo)

 

Documenti per approfondimento delle informazioni:

Preleva qui la brochure con le informazioni dettagliate e con il calendario dei corsi

Locandina per l’affissione interna presso parrocchie e istituzioni interessate